Il 12 Novembre 2008 per la ricorrenza del V anniversario di Nassirya, il dr. Elio Dalto Presidente dell’Associazione Il Senso della Vita ha lanciato una iniziativa in collaborazione con il Comando Provinciale dei Carabinieri di Taranto, la Circoscrizione Borgo Città Vecchia di Taranto e la Scuola Elementare 3 Circolo XXV Luglio: far partecipare una scolaresca di bambini di quinta elementare alla commemorazione dei caduti. Il Presidente Dalto con la collaborazione del Comandante Francesco Guzzo dei Carabinieri ha ritenuto importante avvicinare i più piccoli al mondo della Legalità e in particolar modo alle Missioni di Pace che vedono i nostri militari impegnati nel mondo, per portare la democrazia in quei paesi dove “Bestie” travestite con uniformi dal colore così oscuro da far impallidire le tenebre, che rappresentano la legge marcia di un popolo che ha perso il senno della ragione, hanno violentano e calpestato la vita di bambini, donne e anziani. Il Presidente Dalto ha dichiarato: “l’Italia, ha vissuto, con la strage di Nassiriya il proprio 11 Settembre. È importante non dimenticare i 19 eroi, così definiti dai bambini, che hanno sacrificato la loro vita per un principio fondamentale: la Libertà Umana. Il ricordo di questi uomini deve essere sempre vivo nelle nostre vite perchè solo così il loro sacrificio non sarà stato vano. Il mio pensiero più profondo e una preghiera alle famiglie di questi soldati che oggi vivono questo dramma nella loro quotidianità. Noi ci abbracciamo a loro, ai loro figli con la promessa di non dimenticare il sacrificio dei loro cari che rafforza ancora di piu' la nostra motivazione a fare il nostro dovere in nome della Libertà Umana.”
Si allega uno spezzato della Vita di una donna che ha perso l’uomo della Sua Vita
Giuseppe Coletta il brigadiere dei bambini
Se amate quelli che vi amano che merito avete? Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori». Chi il 12 novembre del 2003 pronunciava queste parole davanti alle telecamere che affollavano la sua casa a poche ore dalla strage di Nasiriyah era Margherita Coletta. In braccio teneva Maria, 2 anni, e da poche ore aveva saputo che suo marito, il vicebrigadiere dei Carabinieri Giuseppe Coletta, era tra i morti del sanguinoso attentato in Iraq. L'abisso le si leggeva in faccia, ma in quel momento la sua fede di granito, più forte dei trecento chili di tritolo che avevano squassato la sua esistenza e quella di altre diciotto famiglie italiane, reggeva di fronte alla prova: "La nostra vita è tutta qua dentro", piangeva indicando il Vangelo.Una prova che Margherita aveva già dovuto affrontare: poco tempo prima il loro bambino, Paolo, era morto a 6 anni di leucemia. Lei e Giuseppe allora si erano stretti l'uno all'altra: "Noi abbiamo un'unica certezza ed è che Dio ci ama. Se ha permesso questo è per darci un giorno un bene più grande".L'immagine di quella ragazza con il Vangelo in mano allora fece il giro d'Italia e non solo, entrò nelle nostre case e scosse le nostre coscienze. A chi la interrogava sul coraggio con cui affrontava la perdita del marito rispondeva con fermezza: "La morte non ci ha divisi, Giuseppe è salito al cielo da Paolo e io sono rimasta qui con Maria, ma un giorno saremo ancora insieme".E Giuseppe? Chi c'era dietro quell'uniforme? Quale motivazione lo aveva spinto a partire per le missioni di pace prima in Albania, poi in Kosovo, Bosnia e Iraq? Ma soprattutto: era un eroe? Il fatto di morire dilaniato da un'autobomba basta per essere definito tale? Sono ancora le parole di Margherita a spiegarlo: "E' un'intera esistenza che ti fa eroe, non la sfortuna di un evento… Se proprio dobbiamo usare questo termine, preferirei dire che mio marito ha fatto della sua vita un atto eroico. E con questo spirito era entrato nell'Arma".Un eroismo che per concretizzarsi non ha scelto la guerra ma l'amore per il prossimo, in primo luogo i piccoli: sono centinaia le foto che lo ritraggono circondato da bambini, decine le testimonianze che raccontano di quel Carabiniere che, cascasse il mondo, riusciva a fare arrivare dall'Italia giocattoli, medicinali, attrezzi per la scuola, latte in polvere, soluzione fisiologica per neonati...Il 15 novembre del 2003, dopo quattro mesi di Iraq, lui e i suoi compagni sarebbero tornati a casa. Ma tre giorni prima un camion carico di tritolo si avventa sulla caserma dei Carabinieri. Paradossalmente proprio il 15 novembre i ragazzi tornano, nella stiva di un aereo militare, avvolti nei Tricolore.
Se amate quelli che vi amano che merito avete? Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori». Chi il 12 novembre del 2003 pronunciava queste parole davanti alle telecamere che affollavano la sua casa a poche ore dalla strage di Nasiriyah era Margherita Coletta. In braccio teneva Maria, 2 anni, e da poche ore aveva saputo che suo marito, il vicebrigadiere dei Carabinieri Giuseppe Coletta, era tra i morti del sanguinoso attentato in Iraq. L'abisso le si leggeva in faccia, ma in quel momento la sua fede di granito, più forte dei trecento chili di tritolo che avevano squassato la sua esistenza e quella di altre diciotto famiglie italiane, reggeva di fronte alla prova: "La nostra vita è tutta qua dentro", piangeva indicando il Vangelo.Una prova che Margherita aveva già dovuto affrontare: poco tempo prima il loro bambino, Paolo, era morto a 6 anni di leucemia. Lei e Giuseppe allora si erano stretti l'uno all'altra: "Noi abbiamo un'unica certezza ed è che Dio ci ama. Se ha permesso questo è per darci un giorno un bene più grande".L'immagine di quella ragazza con il Vangelo in mano allora fece il giro d'Italia e non solo, entrò nelle nostre case e scosse le nostre coscienze. A chi la interrogava sul coraggio con cui affrontava la perdita del marito rispondeva con fermezza: "La morte non ci ha divisi, Giuseppe è salito al cielo da Paolo e io sono rimasta qui con Maria, ma un giorno saremo ancora insieme".E Giuseppe? Chi c'era dietro quell'uniforme? Quale motivazione lo aveva spinto a partire per le missioni di pace prima in Albania, poi in Kosovo, Bosnia e Iraq? Ma soprattutto: era un eroe? Il fatto di morire dilaniato da un'autobomba basta per essere definito tale? Sono ancora le parole di Margherita a spiegarlo: "E' un'intera esistenza che ti fa eroe, non la sfortuna di un evento… Se proprio dobbiamo usare questo termine, preferirei dire che mio marito ha fatto della sua vita un atto eroico. E con questo spirito era entrato nell'Arma".Un eroismo che per concretizzarsi non ha scelto la guerra ma l'amore per il prossimo, in primo luogo i piccoli: sono centinaia le foto che lo ritraggono circondato da bambini, decine le testimonianze che raccontano di quel Carabiniere che, cascasse il mondo, riusciva a fare arrivare dall'Italia giocattoli, medicinali, attrezzi per la scuola, latte in polvere, soluzione fisiologica per neonati...Il 15 novembre del 2003, dopo quattro mesi di Iraq, lui e i suoi compagni sarebbero tornati a casa. Ma tre giorni prima un camion carico di tritolo si avventa sulla caserma dei Carabinieri. Paradossalmente proprio il 15 novembre i ragazzi tornano, nella stiva di un aereo militare, avvolti nei Tricolore.
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